domenica 16 settembre 2007

Wojtyla come Welby

Diciamolo, la morte di Wojtyla presenta dei lati oscuri. Non che ci sia dietro chissà quale trama come nel caso della morte di Papa Giovanni Paolo I avvenuta dopo soli 33 giorni di pontificato. Ma mi riferisco alla probabile richiesta di staccare la spina da parte dell'amato Papa.
Come è noto infatti, poche ore prima di morire, con un filo di voce e in polacco pronunciò queste parole a suor Tobiana che lo assisteva: "Lasciatemi andare dal Signore".
Questa richiesta è molto chiara e indica, oltre alla profonda religiosità di un uomo che ha dato tutto se stesso per il Signore, anche l'atroce sofferenza che lo stava consumando. A tutti sarà rimasta impressa l'ultima sua apparizione in pubblico il 30 marzo 2005, quando si affacciò dalla sua finestra per la benedizione sforzandosi in tutti i modi per proferire l'ultima parola di ringraziamento a quanti pregavano per la sua salute. Visto che è un'immagine molto toccante, ora la riporto (fonte "la Repubblica"):

Quindi, secondo queste supposizioni, al Papa gli sarebbe stata applicata una sorta di "eutanasia" allentandogli le cure per lasciarlo morire in pace. Infatti, guarda caso Giovanni Paolo II morì il 2 aprile 2005 alle 21.37 dopo poche ore dalla sua esortazione a lasciarlo andare "dal Signore", per la precisione avvenuta alle 15.30.
C'è troppa malizia a fare simili ipotesi?
Secondo me no e non ci vedrei comunque nulla di scandaloso. Il Papa era un uomo e come tutti in quelle condizioni non ce la faceva più a sopportare delle inutili sofferenze. Inutili perché non avrebbero portato ad una guarigione ma solo ad un prolungamento dell'agonia.
Ma se ciò è vero, perché invece per le persone qualunque staccare un macchinario, quando ormai è praticamente inutile, è vietato perché considerato un grave atto contro Dio? Perché Wojtyla sì e Welby no? Non sarà che, come ho detto a proposito dei funerali al suicida avvocato milanese Corso Bovio, la Chiesa Cattolica ama fare sempre "due pesi e due misure"?

E' ovvio che in Vaticano si sono precipitati a smentire un possibile "suicidio assistito" del Papa polacco, come per ultimo ha fatto oggi Renato Buzzonetti, archiatra pontificio e medico personale di Wojtyla dal 1978, in un'intervista pubblicata sulle colonne de "
la Repubblica". In sostanza il medico sostiene che l'esortazione del Papa non era una richiesta di sospensione delle cure, ma "una forma di preghiera ascetica". Ora riporto una breve parte dell'intervista fatta da Orazio La Rocca:

"[...] Professor Buzzonetti, papa Ratzinger giovedì scorso, attraverso un nuovo intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che un malato in coma vegetativo permanente deve essere sempre alimentato con cibo ed acqua, anche con l'aiuto di una macchina. Giovanni Paolo II disse, invece, di volersene andare e fu accontentato. Non è un controsenso? «Assolutamente no. Quella frase, "Lasciatemi andare dal Padre". fu un atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre e, nello stesso tempo, alla vita, che Giovanni Paolo II ha amato profondamente fino all'ultimo istante
».
Eppure dopo quella frase pronunziata verso le 15,30 del 2 aprile 2005, le cure furono interrotte e dopo qualche ora il Papa morì. Perché la volontà di Giovanni Paolo II fu rispettata e per altri pazienti nelle stesse condizioni non si potrebbe fare altrettanto?
«Non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione. Quando il 30 marzo si affacciò per l'ultima volta alla sua finestra non riuscì nemmeno a parlare. Ma non si arrese. Da quel giorno fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico, perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale. La fleboclisi gli è stata applicata e assicurata fino alla fine, senza nessuna interruzione. Quando giovedì 31 marzo accusò un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio a causa di una infezione delle vie urinaria, fu sottoposto a tutti gli appropriati provvedimenti terapeutici e di assistenza cardiorespiratoria
». [...]"

Non credo che il "lasciatemi andare al Padre" sia stato un "atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre"... Quella era una richiesta di aiuto! Il Papa chiedeva "basta!" non ce la faceva più, non resisteva più! Se poi l'hanno accontentato oppure no questo forse non lo sapremo mai anche se, come dicevo, tutto fa pensare che sia stata staccata la spina.
Se così è stato, il Vaticano non lo dirà mai perché significherebbe contraddire una dottrina fin troppo rigida con gli ultimi.
Proprio due giorni fa, la
Congregazione per la Dottrina della Fede con la firma dell'attuale Papa Benedetto XVI ha pubblicato un documento che affermava: "Lo stato vegetativo è vita, il malato deve essere sempre nutrito".
Ma vediamo alcuni punti di questo documento:
«Una persona malata ha sempre diritto di essere alimentata e idratata, anche se costretta a vivere in uno stato vegetativo permanente. Di fronte a casi simili, l'interruzione della somministrazione di cibo e di acqua equivarrebbe a un atto di vera e propria eutanasia e la Chiesa non lo potrà mai permettere»; «moralmente obbligatorio l'alimentazione e l'idratazione a pazienti costretti a vivere in stato vegetativo, soprattutto se cibo ed acqua sono somministrati per vie artificiali»; insegnamenti morali che «ci sono stati tramandati da pontefici come Pio XII, Paolo VI e, in particolare, Giovanni Paolo II, che si sono sempre espressi a favore della difesa della vita, contro qualsiasi forma di eutanasia, anche se hanno sempre invitato credenti e non credenti impegnati nella pastorale socio-sanitaria a evitare di sottoporre i pazienti alle inutili sofferenze legate all'accanimento terapeutico».

Discorsi troppo facili da fare quando si è lontani dalla gente e dalle enormi sofferenze di chi è costretto dal destino a vivere il proprio corpo come una gabbia.

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