giovedì 18 giugno 2009

PRIMI RISULTATI della mobilitazione contro la deforestazione in Amazzonia


Due settimane fa vi parlai di un'iniziativa di Greenpeace in difesa della foresta amazzonica.
Nell'inchiesta chiamata "Amazzonia, che macello!" veniva fatta luce su una situazione illegale che si stava perpetrando in Amazzonia di cui le autorità brasiliane sembravano completamente ignare: degli allevamenti illegali stavano disboscando l'Amazzonia, occupando tra l'altro riserve indigene e facendo uso del lavoro schiavile.
Ad avvantaggiarsi da questa situazione erano tre giganti della carne e della pelle brasiliani: Bertin, JBS e Marfrig.
Queste tre aziende avevano anche forti legami commerciali con noti marchi globali come Geox, Adidas, Clark's, Nike e Timberland.

Ebbene, dopo la mobilitazione di Greenpeace e di tutti i suoi sostenitori sparsi nel mondo, si sono ottenuti primi importanti risultati!
L' "International Finance Corporation", un'agenzia della Banca Mondiale specializzata nel sostegno degli investimenti privati nei Paesi in via di sviluppo, ha cancellato il prestito di 90MILIONI destinato alla Bertin.
Inoltre anche la giustizia brasiliana comincia a dare segni di vita e ha aperto un'indagine sul caso, apprestandosi a chiedere un indennizzo milionario per aver provocato danni ambientali.
Non solo, ma in seguito ad un'azione civile del "Ministerio Publico Federal", le più importanti catene di supermercati brasiliani hanno dovuto cancellare immediatamente i contratti stipulati con Bertin.
Insomma, un po' di giustizia!

Dal lato delle multinazionali Geox, Clark's, Adidas, Nike e Timberland invece, le risposte sono insufficienti o molto evasive e si spera che anche loro prima o poi reagiscano in modo serio non acquistando più materie prime provenienti da aziende che fanno uso di allevamenti illegali che stanno mettendo in pericolo la salute del nostro Pianeta.

Ecco parte dell'email inviatami da Greenpeace dalla quale ho tratto tutte queste buone notizie:

"[...] In seguito alle denunce di Greenpeace, l’International Finance Corporation, l’agenzia della Banca Mondiale che sostiene gli investimenti privati nei Paesi in via di sviluppo, ha cancellato il prestito di 90 milioni di dollari concesso al gigante brasiliano Bertin. Come dimostriamo nel rapporto, questa azienda acquista carne e pelle da allevamenti illegali in Amazzonia, deforestando, occupando territori indigeni e impiegando i lavoratori come schiavi.


La giustizia brasiliana ha aperto un'indagine e si appresta a richiedere a Bertin e ai proprietari degli allevamenti illegali un indennizzo milionario per danni ambientali. Le principali catene di supermercati in Brasile – come Wal Mart, Pao de Azucar e Carrefour – hanno cancellato i propri contratti con Bertin in seguito a una azione civile del Ministerio Publico Federal, che ha imposto multe di circa 200 euro per ogni chilo di carne proveniente dalla distruzione dell’Amazzonia
.

Anche in Europa, Greenpeace ha lavorato perché il rapporto e le nostre richieste vengano presi considerazione dalle aziende coinvolte. Di seguito la situazione nel momento in cui ti scrivo:

Geox: dopo l’azione diretta a Milano, abbiamo incontrato Geox nella nostra sede, presentando una lista di punti da chiarire e obiettivi da rispettare; l’azienda si è impegnata a rispondere entro cinque giorni a partire da oggi.

Clark’s: continua a non rispondere alle richieste di Greenpeace, nonostante abbia inviato a tutti quelli che hanno partecipato alla cyberazione una mail nella quale, mentendo, asserisce di averci cercato per trovare una soluzione.

Adidas, Nike e Timberland: hanno partecipato a un incontro insieme a Greenpeace e Bertin nel corso del quale si sono detti sensibili ai problemi sollevati dal nostro rapporto; dall’incontro, però, non è ancora scaturito nessun tipo di impegno formale.

Noi, e spero anche voi, crediamo invece che Clarks, Geox, Nike, Timberland, Adidas e Reebok debbano interrompere immediatamente i loro rapporti commerciali con le aziende che deforestano, fanno uso di lavoro schiavile e occupano territori indigeni.

Queste aziende devono decidere se vogliono essere parte del problema o parte della soluzione [...]"


Per chi ancora non l'avesse fatto, vi invito partecipare alla cyberazione di Greenpeace inviando una mail di chiarimento alla Geox, Nike, Timberland, Adidas, Reebok e Clark's, cliccando qui.

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