giovedì 15 novembre 2007

L'agente che ha ucciso Grabriele Sandri accusato di omicidio volontario


Peggiora la situazione legale dell'agente di polizia Luigi Spaccarotella che domenica scorsa ha ucciso il giovane Gabriele Sandri davanti ad un autogrill nei pressi di Arezzo.
Ora il suo capo d'imputazione non è più omicidio colposo ma omicidio volontario. Infatti secondo i rilievi fatti questi giorni e grazie anche alle testimonianze dirette di persone che hanno assistito alla tragedia, l'agente ha sparato ad altezza d'uomo da una distanza considerevole, cosa che va al di fuori delle competenze di un poliziotto.
Proprio ieri il procuratore capo di Arezzo Ennio Di Cicco (nella foto - fonte Arezzonotizie.it) aveva detto: "Sembra che questo poliziotto abbia sparato ad altezza d'uomo: un atteggiamento del genere sarebbe stato imperdonabile anche se fosse stata una rapina". Oggi invece ha precisato che Luigi Spaccarotella "ha sparato un colpo ad altezza d'uomo, questo e' un dato di fatto" sottolineando che, pur non conoscendo la motivazione, "è un atto imperdonabile: a meno che non sei minacciato, che non ti puntino la pistola addosso, non lo puoi fare".

Il poliziotto che secondo me non aveva l'intenzione di uccidere nello specifico Sandri ma voleva forse intimidire i tifosi laziali che in quel momento si stavano scontrando con alcuni juventini, ora si è messo in un bel guaio perché può rischiare fino a 21 anni di carcere.
Dalla perizia sono emersi ulteriori dettagli su quanto accaduto: "il foro del proiettile nel finestrino dell'auto presenta una inclinazione di circa due gradi, e questo è compatibile con l'ipotesi che l'agente abbia sparato da una collinetta".
Nel luogo del delitto sono stati trovati dei coltelli e un ombrello rotto che, secondo il procuratore,
"evidentemente erano degli occupanti della macchina dove c'è stato il morto. Gli altri erano vittime dell'aggressione". Per ora ai tifosi della Lazio non penderebbe nessuna accusa anche se l'ipotesi di reato potrebbe essere "porto di oggetti atti a offendere con eventuali lesioni". Però questo secondo filone d'indagine "potrebbe essere stralciato, visto che si tratta di episodi collaterali".

Tolleranza zero intanto per i teppisti che nella giornata di domenica hanno seminato il panico nelle città per assalire le forze dell'ordine. Come riportai lunedì, avranno l'aggravante di "terrorismo", decisione mai presa fino adesso.
Interessante è l'identikit politico degli ultrà: secondo i rapporti Ucigos, 14.630 farebbero parte di 63 sigle di estrema destra mentre dall'altra parte ci sarebbero 35 gruppi di estrema sinistra con all'interno 5.275 sostenitori. Questi sono dati allarmanti perché non è possibile che 20.000 delinquenti, tra una maggioranza di "squadristi" e una minoranza di "rivoluzionari", possano mettere in crisi il sistema senza che vengano prese misure severe ed efficaci.
A proposito, vi riporto qui di seguito un bell'articolo di Michele Serra pubblicato martedì 13 novembre sul giornale "la Repubblica" e intitolato "Il calcio in mano all'anti-Stato":

"Al netto del cordoglio per un ragazzo morto in maniera inconcepibile, e al netto di ogni possibile opinione, da domenica 11 novembre è definitivamente chiara una cosa: il calcio è la quarta regione italiana sotto il controllo dell´anti-Stato. Una specie di Locride o di Scampia diffusa, spalmata per ogni angolo del Paese, nel quale le regole e le convenzioni normalmente riconosciute e applicabili altrove non hanno più luogo. E da tempo. Gli ultras ne sono oggettivamente i padroni. E lo sono per usucapione, cioè per abbandono del campo, negli ultimi venti o trent´anni, da parte dei proprietari legittimi ma del tutto teorici (lo Stato, gli enti locali, il Coni, la Lega, le società calcistiche). Lo sono per ragioni specifiche e "locali": la scadente cultura sportiva italiana più l´eccezionale mix di pavidità e di demagogia che ha progressivamente concesso spazio, fiato e peso politico alle organizzazioni di curva, fino a considerarle (da anni) parte integrante del sistema-calcio, soggetti riconosciuti e ufficialmente muniti di potere di contrattazione e di ricatto. Ma lo sono anche per ragioni più generali: in questo Paese la logica delle consorterie, delle caste alte e basse, del tribalismo comunque dissimulato e travestito, finisce sempre per avere la meglio sugli interessi della collettività. Tanto che "interessi della collettività" è diventato un concetto astruso, incomprensibile e impraticabile, per quanto è sommerso dalla foga e dal narcisismo di interessi di gruppo oramai incapaci perfino di cogliere le conseguenze della loro prevaricazione, e della privatizzazione di tutto, niente escluso. I gruppi ultras non sono tutti di eguale natura e composizione (si va dalle formazioni paramilitari alle cosche d´affari ai puri e semplici assembramenti di esaltati), ma sono saldamente legati tra loro da una profonda cultura anti-statale e anti-legale, quella che domenica scorsa ha fatto da immediato, spontaneo tramite, di città in città, tra gruppi di giovani così convinti di essere in guerra con la polizia e con lo Stato da prendere per "atto di guerra" un orrendo incidente. La guerra, del resto, è il solo linguaggio connettivo rintracciabile negli slogan e negli striscioni della cultura ultras. "Onore", "tradimento", "infamia", "gloria", tutto il retorico clangore degli assembramenti di giovani maschi in marcia verso il cosiddetto Destino. E ogni occasione o pretesto di guerra, non importa quale, è atteso dai capi ultras per rinverdire il loro controllo sui suggestionabili e sugli incerti, che riconoscono nelle parole d´ordine bellicose o vendicative la ragione stessa della loro appartenenza al gruppo: molti nemici, molto onore. Conseguenza significativa, anzi illuminante di questo sostanziale stato di occupazione degli stadi da parte di "famiglie" in grado di decidere – incredibile ma verissimo – se disputare oppure no una partita, disponendo di una cosa pubblica secondo intenzioni private, è la progressiva emigrazione del pubblico dagli stadi. Emigrazione è la parola giusta. E´ la rinuncia forzata a un luogo amato, un luogo dell´infanzia non più vivibile, non più riconoscibile. E´ lo struggimento di chi è costretto a decidere, per dignità e per rispetto di sé, che rimanere significa rendersi complici di uno stato delle cose insostenibile. Sono tra i non pochi che è andato allo stadio per una vita, e da qualche anno non ci mette più piede. E per una ragione semplicissima: non è più casa mia, non è più "Italia", è un posto dove si possono esporre svastiche o insultare gli ebrei, dileggiare i neri, augurare la morte alla curva opposta Ciò che avviene in quei catini, un tempo colmi di un popolo sparso, rumoroso e sostanzialmente allegro, dipende soprattutto dalle scelte e dalle intenzioni di poche centinaia di capi-bastone che decidono tono e volume della rappresentazione. Per rimanere comodamente seduti al proprio posto, negli stadi italiani, bisogna macchiarsi della colpa antica degli ignavi (non vedo, non sento, non parlo) oppure bisogna rischiare l´eroismo, come quel tifoso che a Torino ha denunciato il vicino di posto che sparava razzi (razzi!) in campo. Francamente, per esercitare l´eroismo si preferiscono altre opzioni e altri contesti. Meglio prendere atto, anche se con dolore e profonda amarezza, che gli ultras hanno stravinto la loro guerra contro il resto del pubblico. E contro il pubblico in senso lato, in senso italiano: contro tutto ciò che è pubblico, tutto ciò che impedisce di esercitare il proprio potere personale e i propri comodi. Buonanotte, calcio."

Condivido pienamente questa analisi.

6 commenti:

Antonio Candeliere ha detto...

condivido anche io

dani ha detto...

Ma come gli si può dare 'omicidio volontario'??
Se stava sparando alle ruote e ha commesso un errore è COLPOSO e basta!
Ma gli daranno volontario perchè la Polizia è fin troppo lungimirante e pulita.. se non lo facessero si creerebbe malcontento nelle anime di quei coglioni che vanno contro le istituzioni giusto per andarci.. che sono gli stessi che hanno creato casino domenica scorsa.. che sono gli stessi che fanno i G8.. che non capiscono un cazzo quando cantano 10 100 1000 Nassiriya..
RISPETTO ci vuole!!!
Quanti omicidi VOLONTARI (quelli veri) si sentono ogni giorno.. e quanti vanno dentro?? Volete saperlo? IL CINQUE PER CENTO!!!!!!!
E ora stiamo mettendo al rogo questo poveraccio che ha commesso un errore UMANO??
Senza parole.. auguro a tutti quelli che non hanno pietà per questo poliziotto di mettere sotto un passante involontariamente con la propria auto domattina.. poi voglio vedere se non si difendono appellandosi al semplicissimo 'errore'..

Giovanni Tonetti ha detto...

In generale sono d'accordo con te, quelli che hanno bruciato cassonetti, divelto cartelli e semafori, distrutto vetrine, lanciato pietre e quant'altro contro la polizia sono semplicemente dei DELINQUENTI, come ho scritto svariate volte anche in questo mio ultimo post.
Rapidamente e severamente devono essere condannati e trovo condivisibile l'aggiunta dell'aggravante di "terrorismo".

Tuttavia non puoi minimizzare l'errore, come lo chiami te, che ha commesso l'agente di polizia, sparando da una distanza di quasi 70 metri il colpo che ha causato la morte di Gabriele Sandri.
Non c'era motivo in quanto non c'è nessuna ragione che in quel caso giustifichi l'uso della pistola.
Hai letto quello che ha detto il procuratore capo di Arezzo? "E' un atto imperdonabile: a meno che non sei minacciato, che non ti puntino la pistola addosso, non lo puoi fare". Così stabilisce il regolamento.
Anche se fosse avvenuta una rapina nell'autogrill e questi stessero per partire con il "bottino", non avrebbe dovuto sparare.
Il luogo dell'incidente era nell'autostrada A1 e regolarmente il poliziotto avrebbe dovuto chiamare la centrale e fatto chiudere un tratto autostradale.
L'avrebbero presi e in compenso non ci sarebbe stato un morto.

Questo è omicidio colposo o volontario? Se avesse sparato in aria e per sbaglio un proiettile avesse colpito il tifoso laziale, allora sarebbe stato colposo. Avendo sparato ad altezza d'uomo, come dimostrano i rilievi fatti in questi giorni oltre che alle testimonianze che si sono avute, a quanto pare la situazione legale dell'agente si aggrava perché si rientra nell'omicidio volontario.

Non è una cosa che ho inventato io ma questo, a quanto pare, è previsto dalla legge.

dani ha detto...

No no..aspetta!
L'omicidio è VOLONTARIO se lo si fa apposta.
Il regolamento della Polizia di Stato sancisce l'impossibilità dell'uso dell'arma in questo caso (tra gli altri).. e dunque la punizione deve essere proporzionata ad un errore per aver contravvenuto al regolamento: la radiazione e l'omicidio colposo.
Difatti è stato accertato che lo scopo era sparare ALLE RUOTE (non al ragazzo).. dunque l'accusa di omicidio colposo non sussiste.
Se glielo daranno sarà solo per difendere l'immagine dello Stato..ma pagherà questo poliziotto per molti altri e questo è ingiusto..
E CHE CAZZO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Dani, da quello che ho letto, le pistole in dotazione ai poliziotti hanno un tiro utile di 30-40 metri. Significa che oltre quella distanza non è possibile essere sicuri di colpire. Significa che oltre quella distanza, una pallottola può arrivare ovunque. Se ha sparato da 66 metri (come sembra), parlare di banale errore (quindi omicidio colposo) mi sembra un tantino riduttivo. Se spari da quella distanza SAI che potresti colpire chiunque. SAI che è quasi impossibile colpire le gomme. SAI che se il caso lo vuole, UCCIDI. SAI che la differenza tra colpire le gomme e colpire la testa di un uomo distante un metro dalle gomme stesse, è praticamente nulla. Quindi, se SAI e FAI, beh, allora è volontario, non ci giriamo intorno. Nessuno lo ha costretto a tirar fuori la pistola. Ha usato il libero arbitrio. Quindi lo ha fatto volontariamente.

dani ha detto...

Non è quella la definizione di 'omicidio volontario'..
lo è se lo si fa apposta..
non con i voli pindarici che hai fatto tu..