Come forse saprete, nel decreto anticrisi il nostro Ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti aveva voluto mettere le mani sull'oro della Banca d'Italia. Nel decreto si stabiliva di tassare per il 2009 le plusvalenze da rivalutazione delle riserve auree della Banca d'Italia, con un'aliquota del 6%, entro un importo massimo di 300 milioni di euro. Tremonti disse: "quell'oro è del popolo, non di Via Nazionale"!
Da questa decisione si sono scatenate immediatamente forti proteste, oltre che ovviamente dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, anche dal Presidente della Repubblica rimasto perplesso fino all'opposizione. Tale norma era in palese contrasto con il Trattato di Maastricht dove si stabilisce che gli istituti centrali devono essere indipendenti dal potere politico. E come si sa, le divinità di ogni religione puniscono duramente chi peccando contravviene al "dogma".
Inoltre, c'è da specificare che nel decreto era stabilito, chiaramente per non generare sanzioni, che: "le disposizioni si applicano previo parere non ostativo della Banca Centrale Europea e comunque nella misura idonea a garantire l'indipendenza istituzionale finanziaria della Banca d'Italia". Sebbene scontato, per completare la bocciatura assoluta a questa decisione, mancava all'appello il Presidente della BCE Jean-Claude Trichet. Puntualmente la sua risposta è stata: "siamo contrari" in quanto "pone problemi al diritto comunitario".
Trichet non si è limitato a dire questo, ma ha trovato l'occasione per descrivere lo stato della crisi. "La crisi sta passando" anche se l'economia "resterà debole nel 2009, mentre nel 2010 si dovrebbe registrare una ripresa graduale con tassi trimestrali positivi". Ha inoltre detto come si dovranno conformare le politiche economiche degli stati aderenti all'Euro: "Rischi di una prolungata bassa crescita ma adesso basta con le misure di stimolo".
Proprio da questo punto voglio partire per fare una breve riflessione su questa concezione secondo la quale è bene che le banche centrali siano indipendenti dai governi. Se chi ha il potere di emettere moneta e di regolare i tassi d'interesse dice che le misure di stimolo devono terminare, allora per forza di cose i governi dovranno fare così. Altrimenti le misure di stimolo saranno controbilanciate da una misura monetaria restrittiva compensativa che vanifica l'obiettivo di crescita del governo, favorendo il peggioramento del debito pubblico.
Questo che ho descritto a grandi linee, secondo me, è sbagliato perché il potere di questo organo indipendente ha un ruolo attivo nella politica economica di un Paese.
Tutto ciò lo trovo anche antidemocratico perché un governo democraticamente eletto è costretto a lavorare con "armi spuntate".
Mi si potrebbe obiettare che se la BCE e la Banca d'Italia fossero controllate dai governi, allora si creerebbe una spinta inflazionistica difficilmente governabile. Questo non è necessariamente vero perché a quel punto il governo che, con le sue decisioni di politica monetaria, provoca un aumento eccessivo di inflazione, potrà essere giudicato dai cittadini e tornare di conseguenza sui suoi passi o sciogliersi. Oggi, invece, le scelte politiche di un governo non hanno un effetto immediatamente verificabile da tutti tramite la "spia accesa" dell'inflazione e quindi si disperdono le responsabilità. In questo modo risulta difficile anche reagire in tempi relativamente brevi per contrastare l'aumento dei prezzi.
Questa è secondo me la logica giusta che sta dietro una scelta discutibile come quella del tassare le riserve auree della Banca d'Italia. Lo scopo è sicuramente quello di sollevare questa questione nel dibattito europeo, verificando eventuali sponde politiche in altri capi di stato o di governo degli Stati aderenti all'Euro.
Tra l'altro questa considerazione si deduce dalla cifra risibile che lo Stato incasserebbe da questa operazione: 300 milioni di gettito su un debito pubblico complessivo di 1.700 miliardi di euro. In pratica circa tre volte la vincita che potrebbe fare sabato chi riuscirà a indovinare la sestina vincente del Superenalotto.
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