Nei giornali di oggi vengono snocciolate le cifre riportate da uno studio della Banca d'Italia che riporta le differenze del costo della vita tra Nord e Sud.
Secondo questo studio, il costo della vita al sud rispetto al centro-nord è più basso del 17%. Cifra non da sottovalutare, specialmente se si sottolineano nel dettaglio delle categorie specifiche molto importanti (dati riportati e presi da "la Repubblica" di oggi): gli affitti e le case costano meno del 42,1%, i servizi -15%, gli alimentari -11,5%, l'arredamento -10,3%. Per quanto riguarda l'abbigliamento invece, la differenza è solo dell'1,6% mentre l'unico costo più alto è quello delle assicurazioni che al sud raggiungono il 18,7% più del nord. Questo ultimo dato non è sconvolgente visto che al sud i picchi di rischio sono maggiori, probabilmente dovuto alla presenza della mafia che rende difficoltoso e spesso rischioso per un imprenditore investire.
All'uscita di questi dati, il Ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, ha commentato a caldo: "Sono veramente interessanti i dati di Bankitalia sulle differenze del costo della vita" e perciò, affrontando la questione meridionale, "è evidente che andrà posta attenzione alle nostre proposte riguardanti le buste paga parametrate sul reale costo della vita nelle diverse aree del Paese".
Dopo queste parole, a torto o a ragione, si è creato un putiferio, eppure secondo me la tesi di Calderoli non è priva di fondamento. Lungi dal considerarmi un simpatizzante della Lega, trovo che dette differenze vadano prese fortemente in considerazione. Tanto per fare un banale esempio, se io fossi un operaio del nord e prendessi, mettiamo, 1000 euro, queste 1000 euro varrebbero in termini reali meno rispetto ad un mio collega del sud. Infatti al nord metà dello stipendio potrebbe essere utilizzato interamente per pagare l'affitto, onere che al sud costa quasi la metà.
Già sento le obiezioni: ma al sud c'è meno lavoro, quindi più disoccupati e perciò è ovvio che i prezzi siano inferiori. Questa obiezione ha un fondo di verità. Infatti se abbassassi i salari al sud, questo farebbe abbassare il reddito disponibile dei lavoratori e delle famiglie, scaricandosi così sui prezzi che diminuirebbero ancora. Però mi viene da pensare che, per esempio, un azienda nazionale, come potrebbe essere la Fiat, con un differente salario nominale, potrebbe trovare conveniente investire al sud rispetto al nord e questo potrebbe probabilmente far riassorbire un po' di disoccopazione.
Poi sinceramente non mi sognerei di abbassare il salario ai lavoratori del sud, piuttosto propenderei ad un aumento di quelli del centro-nord al fine di ottenere un salario reale omogeneo per le varie categorie di lavori.
Da quello che mi sembra di aver capito, la nostra situazione è molto simile a quella della Germania che, in seguito all'unificazione, presenta differenze di costo della vita tra Est e Ovest. Anche lì si tiene conto di questo e vi è un modo per riparametrare le retribuzioni minime mediante contratti collettivi stipulati per macro-regioni. Perciò ci si può ragionare seriamente.
Capisco che al sud simili discorsi pronunciati da esponenti della Lega Nord possano creare qualche mal di pancia. Però si può seriamente affrontare il discorso senza preconcetti ideologici.
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