Questo è lo slogan che campeggia sulla locandina che sponsorizza la manifestazione di domani.
Infatti l'8 ottobre dalle ore 9.30 ci sarà un sit in di fronte al Palazzo dei Marescialli, sede del Csm, a Piazza Indipendenza a Roma.
Non verranno consegnate le firme della petizione a sostegno del PM di Catanzaro perché ciò sarà fatto non appena il Consiglio Superiore della Magistratura prenderà una decisione sulla richiesta di trasferimento voluto dal Ministro della Giustizia Clemente Mastella.
Colgo l'occasione per invitarvi a continuare a firmare e a far firmare la petizione online che trovate qui.
E' scontato che esorto chi può a partecipare alla manifestazione che si terrà domani.
Intanto le polemiche sulla trasmissione di Santoro dello scorso giovedì non accennano ad attenuarsi. I politici sono abituati ad interferire nel lavoro dei giornalisti e quindi siamo quasi assuefatti nel sentire Mastella e altri che se non si prendono seri provvedimenti su Santoro sono disposti anche a sfiduciare il Cda della Rai. Bella democrazia.
La cosa quasi comica è che a fare una richiesta del genere siano politici di "sinistra" che dopo l'epurazione seguita all' "editto bulgaro" di Berlusconi, avevano gridato allo scandalo innalzando il giornalista quasi a "paladino della libertà".
Ora che invece sono toccati direttamente, le cose sono cambiate...
Ieri è intervenuto sull'argomento anche il Presidente della Camera Fausto Bertinotti che in sostanza, pur non chiedendo censure, ha considerato Santoro un non professionista che travalica i suoi ruoli. Un modo educato per dire che così non si fa e che la deve smettere...
Ecco le sue parole:
«Si sta facendo torbido in modo preoccupante il rapporto tra la politica e la magistratura e tra la politica e il sistema radio-televisivo. E' una condizione che nella crisi della politica il Paese e le Istituzioni non si possono permettere. [...] C'è bisogno di mettere fine a queste pericolose turbolenze per riacquistare una trasparenza di rapporti. La difesa e la valorizzazione delle autonomie è uno dei fondamenti della nostra Repubblica. [...] Battersi per evitare che un qualsiasi politico come un qualsiasi cittadino possa diventare un capro espiatorio è cosa necessaria e buona. Nessuno deve essere messo alla gogna. Ma il diritto alla critica in generale e il diritto di criticare la politica nelle sue manifestazioni in particolare è una prerogativa senza la quale un sistema informativo perde la sua validità. Il servizio radio-televisivo è una realtà importante e delicata di questo sistema»
Ormai quasi l'unico desaparecidos del centrosinistra a favore di Santoro e degli altri "antipolitici" come Beppe Grillo è rimasto Antonio Di Pietro che al proposito dell'intervento della terza carica dello Stato ha detto:
«E' un'affermazione che focalizza l'evento ma non la causa. E la causa vera sono alcuni poteri forti della politica che non vogliono accettare che la magistratura indaghi su di loro. [...] E' un errore grave cercare di fermare l'informazione che non piace. L'ha già fatto Berlusconi. Non dobbiamo berlusconizzarci»
"Non dobbiamo berlusconizzarci", parole sante...
Ma anche la stampa cosiddetta progressista non risparmia duri attacchi contro Santoro. E' il caso ad esempio del giornale "la Repubblica" che da venerdì continua a disprezzare il modo di fare informazione del conduttore incriminato.
L'attacco più duro secondo me è stato scritto da Giuseppe D'Avanzo nell'articolo "Messaggi barbarici" pubblicato sabato 6 ottobre. Riporto qui di seguito alcuni passaggi:
"[...] "Annozero" comincia male, malissimo. Paragonare la "crisi calabrese" al "grande gioco" di Palermo negli anni Ottanta appare incongruo, sconveniente, di certo un errore di prospettiva che trascura le forze e i poteri che allora erano in conflitto, non rende onore ai "fatti" e alla memoria, alla sapienza e al sacrificio di Giovanni Falcone ePeolo Borsellino (nonostante la presenza in studio del fratello Salvatore). La partecipazione di Clementina Forleo sorprende. E' il giudice che scrutina le indagini preliminari per le scalate del 2005 (Antonveneta, Unipol). Ha chiesto al Parlamento di poter utilizzare le intercettazioni D'Alema -Consorte ipotizzando anche una responsabilità penale del ministro degli Esteri. Dice: «E' ora che il sud si liberi di Don Rodrigo e dei suoi bravi». Ora D'Alema viene eletto al sud, nella stessa regione - la Puglia - che ha dato i natali alla Forleo. E' a lui che si riferiva con quel "Don Rodrigo"? E, se non si riferiva a lui, non si dà spazio a un'ambiguità che scredita D'Alema, ma anche chi dovrebbe giudicarlo, la sua serenità di giudizio, la sua imparzialità (che dovrebbe anche apparire tale)? Dice ancora laForleo : «Purtroppo il giudice viene lasciato solo anche da tanti suoi colleghi. Dopo aver preso scelte scomode io e altre persone ci siamo ritrovati a non avere i soliti inviti e i contatti consueti con colleghi. Anche oggi qualcuno mi ha telefonato e raccomandato: "Sii prudente". Ora laForleo lavora negli uffici giudiziari di Milano, che a buon titolo consideriamo d'eccellenza. Il suo j'accuse lascia pensare che le toghe di Milano siano così acquiescenti all'attuale potere politico deiDs da isolarla per le sue decisioni, addirittura da minacciarla con discrezione. Stanno davvero così le cose, oggi, nell'ufficio che fu diBorrelli, Colombo, Davigo, Di Pietro e che è oggi di Boccassini, Greco, Spataro e di centinaia di altri pubblici ministeri e giudici che, investiti dall'ondata di piena del berlusconismo al governo, hanno conservato il rispetto di se stessi, del proprio regolato lavoro e della Costituzione? Si fa fatica a crederlo. Per crederlo, bisognerebbe documentarlo meglio, converrebbe tacere a meno di non voler correre il rischio di diffondere, senza ragione e ragionevolezza, un ingiusto discredito su un'istituzione dello Stato e sui suoi servitori. Il peggio, in ogni caso, lo offre MicheleSantoro. Organizza una trasmissione che rende incomprensibile la "materia del contendere". Davvero quei ragazzi raccolti da "Annozero" (e i telespettatori) hanno compreso quali sono le circostanze e "i principi" messi in gioco dal "caso De Magistris"? La ricostruzione, gonfia di emotività, suggestioni, commozioni, li ha come rimossi. Santoro ne propone la chiave concettuale. Dice: non ci interessano le regole, la forma che doveva rispettare De Magistris , non ci interessano i suoi errori anche probabili. Ci interessa "la sostanza", il resto sono "quisquilie". L'anchorman sembra ignorare (o voler ignorare) quanti orrori possono accadere quando un magistrato arriva al massimo dell'indignazione e, in nome della giustizia, pretende un castigo e, se non lo ottiene, avvia un ciclo di ritorsioni. Sembra non comprendere che un potere che schiaccia un magistrato, e un magistrato che non si cura delle procedure, sono due aspetti della stessa barbarie. Altro che quisquilie, perché se al politico gli si può interdire il voto, al magistrato no. L'unica garanzia che abbiamo è che rispetti le regole perché un potere sostanzialistico e punitivo ha sempre la vocazione a espandersi oltre i limiti definiti dalle norme che lo regolano. Può contagiare il costume giudiziario. Alla fine, valorizza la mano forte e metodi chepossono diventare persecutori, di giustizia preventiva. Sono questi i messaggi "barbarici" che il servizio pubblico della Rai ha diffuso con "Annozero " senza voler considerare la vera e propria disinformazione firmata da Marco Travaglio. Ammesso che Travaglio fosse lì come giornalista e non come leader del largo movimento d'opinione che fa riferimento aBeppe Grillo, davvero si può rappresentare l'intero sistema politico italiano come governato dal massone Licio Gelli? Si può sostenere che questo governo abbia separato le carriere di pubblico ministero e giudice? No, perché non è vero. Si può, come se si trattasse di una notizia, sostenere che «la temporaneità degli incarichi direttivi» è un modo per liquidare i magistrati più abili e indipendenti mentre è il solo espediente che una magistratura debole e divisa ha escogitato per evitare che gerarchi in toga si installino in una stessa poltrona per un ventennio diventando parte integrante e preziosa del sistema di potere locale?
La barbarie di "Annozero" dovrebbe farci chiedere che cosa deve essere l'informazione del servizio pubblico. Se è «dare le notizie» e «accrescere la conoscenza», come si potrebbe ipotizzare, l'obiettivo è stato del tutto mancato: notizie alquanto confuse, disinformazione; non c'è alcuna conoscenza, soltanto un distillato di veleni in un quadro culturale che ignora le ragioni della democrazia e le convenienze dello Stato di diritto. [...]"
Potrei fare varie critiche all'articolo di D'Avanzo ma mi limito solamente alla parte in cui considera imparagonabile De Magistris a Falcone e Borsellino, i due celebri magistrati uccisi dalla mafia per le loro indagini. Ricordo che a fare questi accostamenti è stato niente di meno che Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, che come ho riportato in parte ieri, ha scritto testuali parole in una lettera indirizzata al Ministro Clemente Mastella:
«Vedo troppe analogia tra le vicende di ieri e di oggi. Oggi Falcone e Borsellino vengono additati come eroi, ma ieri, si cercava in tutti i modi di isolarli. Anche De Magistris è stato isolato e si sta cercando di trasferirlo per renderlo innocuo. Ricordi, signor ministro, che l'isolamento di un giudice è il primo passo per additarlo alla vendetta della mafia e chi determina questo non ha minori responsabilità di chi ne decide l'eliminazione»
domenica 7 ottobre 2007
Tutti a Roma con De Magistris
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